mercoledì 24 settembre 2008

Non è colpa del Liberalismo



Da http://www.impegnati.it/





Siamo di fronte ad un nuovo 1929. Fra chi dice no, ni e si spunta un pericolo fantasma: alcuni soloni se la stanno prendendo con il liberalismo. Ed allora occorre domandarsi se stiamo realmente assistendo alla vittoria dell'interventismo pubblico in economia e se questa sia la sconfitta del liberalismo. Ogni persona intellettualmente onesta non può non sapere che il liberalismo difende il singolo cittadino contro ogni tipo di potere (economico, politico, burocratico, etc). Quindi cerchiamo le altre vere cause di questa crisi, senza andare a puntare il grilletto contro gli innocenti.


Sta accadendo qualcosa di grande. Da un anno a questa parte la finanza internazionale sta mettendo a dura prova le coronarie di investitori e azionisti. Si sono susseguite chiamate di soccorso, salvataggi in zona Cesarini, fallimenti, depressioni di addetti ai lavori, riduzione drastica di stipendi e ritorni economici.
Un nuovo '29?
Per il CdS: no, perchè sono drasticamente mutate le condizioni: le banche centrali pompano crediti e finanziamenti per evitare il collasso laddove nel 1929 fecero esattamente il contrario. Per Mario Draghi: ni, perchè si tratta di una delle crisi più gravi a memoria d'uomo. Per la Repubblica: si, anzi, saremmo ad un passo dalla fine e i salvataggi della Federal Reserve (Fannie Mae, Freddie Mac e AIG su tutti) testimoniano di un cambio di rotta filosofico: il governo del paese più liberista al mondo interviene in strettissima "logica IRI" per salvare il salvabile.
E' questo l'aspetto che ci interessa maggiormente, visto che qualcuno sfrutta la crisi dei mercati mondiali per togliersi i sassolini dalle scarpe e parlar male di libero mercato e del suo difensore principale: il liberalismo. Stiamo realmente assistendo alla vittoria dell'interventismo pubblico in economia? E' questa la sconfitta del liberalismo?
La crisi finanziaria del 2008 non è una crisi del liberalismo. Se le banche erogavano mutui inerogabili, se questi venivano impacchettati e rivenduti (e quindi ricomprati) in tutto il mondo, se un ciclo economico meno favorevole ha fatto scendere i prezzi delle case, aumentare i beni di prima necessità e mettere a rischio le rate dei mutui delle famiglie e se Bush/Greenspan hanno drogato i mercati non intervendo su bolle speculative o su tassi di indebitamento anormali... beh cosa c'entra il liberalismo con tutto questo?
Scrivono Gros e Micossi sul Sole 24ore: "Siamo di fronte a un colossale aggiramento dei requisiti di capitale imposti alle banche contraenti dagli accordi di Basilea".
Repetita iuvant: la dottrina liberale afferma che occorre avere poche norme e poche leggi (stato minimo) ma queste poi devono essere fatte rispettare costi quel che costi (separazione dei poteri e certezza della pena) ed in questa cornice normativa vinca poi il migliore (meritocrazia). C'è di più: il liberalismoebasta dei padri fondatori dell'Italia affermava la necessità di un sano equilibrio finanziario (bilancio in pareggio) e di una forte identità statale (non sta forse la tanto vituperata bandierina del PLI a significare uno sfrenato amore per la Patria, per le nostre tradizioni e per le decisioni a difesa dei cittadini italiani?).
Scrive Innocenzo Cipolletta sul Sole 24ore: "Le regole della concorrenza non sono un atto di fede al dio Mercato, ma sono le regole che consentono ai cittadini (imprenditori, risparmiatori, lavoratori e consumatori) di scegliere ed operare, sapendo prevedere l'eventuale intervento pubblico e le modalità di azione delle proprie controparti, in quanto ci sono delle regole valide per tutti, che li mettono in condizioni di parità e il cui rispetto è garantito da autorità indipendenti.... in questo senso le regole del libero mercato funzionano come una norma costituzionale che consente ai singoli di operare, sicuri che i loro diritti non saranno toccati neppure dalle autorità".
Ora, i soloni di Repubblica gongolano vedendo la mano pubblica americana intervenire per salvare aziende private decotte e malgestite. E dicono che senza lo Stato la crisi sarebbe di dimensioni incalcolabili. Hanno ragione, è tutto vero. Senza i salvataggi già effettuati i mercati sarebbero nel panico (e sembra che lo siano, nonostante tutto). Il soccorso della Fed americana sta cercando di controbilanciare e curare i sintomi di una crisi senza precedenti.
Ma a me ricordano le lacrime di un coccodrillo. Non voglio entrare nei tecnicismi delle pratiche di risk management o dei meccanismi di compensi stratosferici legati a risultati di brevissimo periodo. Questa crisi mondiale è nata da assenze di controlli accurati, è stata facilitata dal mito del consumismo a tutti i costi che ha reso tutti colpevoli di ricercare fonti sempre più facili di guadagni sempre in crescita.
Chi doveva controllare (non dico gli hedge funds o i derivati, ma più semplicemente l'erogazione di semplici mutui personali) non lo ha fatto. Chi doveva alzare i tassi di interesse in un periodo nel quale tutti correvano a far crescere la massa monetaria non lo ha fatto. Chi speculava su aumenti dei prezzi degli immobili non è stato tassato, etc.
La Fed ha dormito. E Greenspan non deve avere la coscienza del tutto tranquilla. Sono mancate le leggi e i controlli. E tutti gli operatori hanno vissuto, drogati, in un mondo di piramidi finanziarie fatte di carta.
Perchè prendersela con il liberalismo?
Ogni persona intellettualmente onesta non può non sapere che il liberalismo difende il singolo cittadino contro ogni tipo di potere (economico, politico, burocratico, etc). Noi vi abbiamo dedicato un'intera sezione di questo sito, sin dal 2002 e quindi in tempi non sospetti (naviga -->>). Invece questo non si è verificato in America (dove i risparmiatori hanno comprato bond di Lehman pensando di comprare titoli AAA) così come non si è verificato in Italia (Parmalat e Cirio). E' proprio la mancanza di una rule of law (codice normativo) la causa principale di questa crisi. E' stato l'ipercapitalismo, l'iperbonus di fine anno, l'iperquoziente tra debito ed assets ad aver originato la crisi.
Non il liberalismo. Non la dottrina a servizio e difesa del cittadino qualunque.

Mario Caputi