lunedì 13 aprile 2009

L'ONU l'esercito dell'islamicamente corretto




La notizia è così grave da essere stata olimpicamente ignorata da tutti i media, troppo indaffarati a inseguire i gossip del G20: paradossi dell’informazione, specie considerando come tale notizia riguardasse proprio la futura vita dell’Occidente. Giovedì 2 aprile, a Ginevra, il Consiglio dei diritti dell’uomo dell’Onu ha approvato una risoluzione Sulla diffamazione delle religioni. Il testo è apparentemente meritorio, dichiarando una «profonda preoccupazione per la frequente ed errata associazione tra islam, terrorismo e violazioni dei diritti umani, e rammarico per le leggi e le misure che specificatamente mirano a controllare le minoranze musulmane». Presentato dal Pakistan a nome dei paesi dell’Organizzazione della conferenza islamica, e dal Venezuela, il testo è stato approvato con ventitre voti a favore (paesi islamici e i non allineati), undici contrari (Unione Europea, Canada, Cile) e tredici astensioni (tra cui India): peccato, però, che i paesi proponenti e favorevoli siano gli stessi che hanno rapporti di grave ambiguità e connivenza proprio col terrorismo islamista.
Al di là del dilagante islamically correct di cui le Nazioni Unite – e non solo – da tempo sono succubi, questo nuovo atto ufficiale s’inserisce a pieno titolo nel progetto di controllo dell’Onu da parte dei paesi islamici che mirano a controllarne l’agenda in base ai propri interessi. Il testo, secondo i redattori, avrebbe l’obiettivo di «combattere la diffamazione delle religioni», osservando «con profonda preoccupazione i casi d’intolleranza e discriminazione e gli atti di violenza contro i seguaci di alcune fedi che si verificano in molte regioni del mondo e che si sommano all’immagine negativa di alcune religioni nei media e all’introduzione e applicazione di leggi e misure amministrative che discriminano e prendono di mira alcune etnie e contesti religiosi, in particolare le minoranze musulmane dopo gli eventi dell’11 settembre 2001». Il testo deplora il ricorso ai media, a internet e a ogni altro mezzo per incitare ad atti di violenza, xenofobia, intolleranza e discriminazione contro ogni religione, così come la presa di mira di simboli religiosi e di personaggi venerati, chiedendo agli Stati di fornire una protezione adeguata contro gli atti di odio derivanti dalla diffamazione delle religioni.
Leggendo invece fra le righe e negli scopi concreti della risoluzione si scopre come questa faccia parte del sempre più pressante tentativo del jihad d’imbrigliare con tutti i mezzi possibili la stampa internazionale e di monopolizzare la cultura occidentale dentro i parametri dell’islamizzazione. Esiste un piano internazionale, diretto da una minoranza la quale però soggioga la maggioranza, in cui viene perseguita sistematicamente e spietatamente la volontà di debellare la struttura sociale occidentale per sostituirla con quella islamica. Ecco che allora un’apparente risoluzione dell’Onu in difesa delle religioni, in realtà, serve proprio a combattere i culti diversi dall’islam, che attualmente è la religione meno tollerante del pianeta. Le prove sono sotto gli occhi di tutti e aumentano ogni giorno.
A fronte del jihad armato – quello che fa saltare in aria le persone e destabilizza il mondo intero –, ve ne sono altri più raffinati e intenti ad accrescere il potere delle lobby musulmane nel pianeta. Il loro obiettivo, nell’accezione massima, è la creazione di un califfato teocratico transnazionale retto dalle leggi coraniche; nelle accezioni più verosimili, comporta l’istituzione in Europa e in Occidente di normative statali in base a cui i milioni di musulmani ivi residenti siano soggetti non alle leggi degli Stati di diritto, bensì alla sharia, rinnegando così tutte le conquiste civili e sociali compiute in questi secoli, dove i diritti umani, politici, d’espressione, d’opinione e di credo religioso verrebbero aboliti in ossequio all’islam.
Ma oggi siamo in presenza anche di un ben noto jihad finanziario, ossia un’espansione della finanza islamica in cui si richiede l’adesione ai principi della legge coranica da parte dei finanziati, specializzata nel rastrellamento di denaro tramite organizzazioni sedicenti caritatevoli e al suo riciclaggio e incanalamento verso attività terroristiche. E quindi, legata alle precedenti, vi è il legal jihad, detta jihad by court, cioè la sistematica opera d’intimidazione compiuta dalle comunità islamiche verso giornalisti, politici, editori, opinionisti i quali osassero stigmatizzarne i pericoli: i metodi sono quelli della continua denuncia in tribunale coi più falsi e vacui pretesti; se anche le cause venissero perse, i giornalisti e le testate una volta denunciate eviteranno di parlarne la volta successiva.
In questo contesto, l’Onu ancora una volta si presenta totalmente inchinato ai voleri dei paesi islamici, e non c’è da stupirsene: è lo stesso Onu che non alza mai la voce per denunciare il numero colossale di massacri, omicidi, lapidazioni, violenza sulle donne e violazioni dei diritti umani compiuti ogni giorno proprio in quei medesimi paesi; lo stesso Onu che permette che da questi paesi vengano continuamente emanate fatwe di condanna a morte contro scrittori, giornalisti, artisti, attori, comici ecc.; sempre pronto a denunciare fantomatici crimini israeliani, salvo poi doversene scusare ammettendo la falsità delle proprie accuse; lo stesso Onu incline a proteggere organizzazioni palestinesi che in verità celano bande armate criminali; quell’Onu che non equipara la Stella di David Rossa (Maghen David Adom) alla Croce Rossa e alla Mezzaluna Rossa escludendola dalla possibilità d’essere membro della Croce Rossa Internazionale; quell’Onu che permette ai suoi mezzi in Palestina d’essere tranquillamente usati da Hamas per trasportare armi e che si fa rubare gli aiuti internazionali dai contrabbandieri. Ma soprattutto si tratta dello stesso Onu che in vista della prossima Conferenza sul Razzismo di Ginevra (Durban II) redige una bozza di documento finale aggressivo contro Israele e improntato all’antisemitismo, trasformando la conferenza in un attacco all’Occidente come già accaduto con Durban I, tanto da far saltare la partecipazione di Usa, Canada, UE se il testo non verrà modificato.
Per gli osservatori ormai il rischio è duplice: da un lato sottovalutare un pericolo di dimensioni storiche e lasciare che il mondo ne venga travolto, dall’altro essere tacciati di xenofobia, d’allarmismo, d’intolleranza, d’istigazione all’odio e chissà che altro. Eppure i segnali provenienti da ogni nazione appaiono talmente inequivocabili da far risultare sconcertante la cecità di chi volesse negarli, e questa risoluzione Onu ne è solo un ultimo esempio.

');
document.write('');
// End Hide -->

-->