domenica 26 ottobre 2008

Finiremo come l'Argentina

Da http://www.ilconsapevole.it/articolo.php?id=8685
Ecco come sta finendo quest'epoca: con il padre di famiglia che porta al banco dei pegni gli anelli di fidanzamento, le fedi nuziali della mamma e gli orecchini della nonna. Pur di racimolare qualcosa, ora si è disposti a tutto. Si vendono i gioielli di famiglia per pagare le rate del mutuo, le bollette di casa e la borsa della spesa. Un comportamento che testimonia il capolinea di un viaggio iniziato circa 3/4 anni fa: un viaggio intrapreso quando i tassi di interesse toccavano il loro minimo storico, un viaggio che aveva illuso molti facilitoni che consumare ed acquistare a debito era possibile e conveniente, addirittura facile. Non mi dilungo più di tanto, i miei due bestsellers, Duri e Puri assieme a Best Before, hanno con largo anticipo profetizzato quanto si sta verificando in questo periodo storico.
I recenti crash di prestigiose banche d'affari stanno dimostrando quanto sia marcio il sistema. Northern Rock, Nomura, UBS, CitiBank, Fannie Mac, Societe Generale, Bear Stearns, Lehman Brothers. E chi sarà il prossimo ? Ma credete veramente che il nostro paese ne sia indenne ? Falliranno anche banche italiane, basta solo aspettare: alla faccia di tutti quegli analisti comprati, che se ne uscivano e se ne escono tutt'ora con affermazioni del tipo: non vi preoccupate perchè l'Europa è immune da tutto questo. Già, come se fosse possibile non essere contagiati dal più grande bubbone finanziario di tutti i tempi. Debiti sfrenati, perizie gonfiate, mutui farlocchi, prodotti derivati come la dinamite e per finire bilanci cabriolet. Molti risparmiatori e correntisti avranno presto un'amara sorpresa: cucù il denaro non c'è più ! Il rischio di polverizzazione dei conti correnti è alle porte, avrei anche il nome di tre istituti di credito italiani in pole position per affiancarsi alla lista delle morti bancarie negli USA. Mi piacerebbe farne il nome, ma è troppo rischioso. Il consiglio che vi posso dare è quello di estinguere al più presto il proprio appoggio bancario aperto presso il tal gruppo bancario di turno e migrare verso qualche piccola cassa rurale o banca di credito cooperativo. Non fidatevi delle grandi dimensioni: le recenti cronache finanziarie dimostrano che sono proprio le grandi realtà ad essere in grave crisi, a causa del ricorso al profitto indiscriminato ed al dividendo civetta. Cercatevi una piccola realtà bancaria con poche filiali e senza manie di grandezza. Pregate in ogni caso che questo basti. L'effetto domino potrebbe travolgere chiunque ed arrivare ovunque in ogni caso. Chi sta per acquistare un suv, ci rinunci e consideri l'idea di comprare un kilo di oro fisico. Sarà una delle poche certezze che vi rimangono. Sempre per restare in tema di certezze farlocche presto scoppierà anche la seconda crisi del sistema bancario, quella dei crediti iscritti in bilancio come poste esigibili, quando nella realtà ormai sono imprenditorialmente inesigibili. Ricordate che rispetto all'Inghilterra ed agli Stati Uniti, la situazione di noi europei è tutt'altro che rassicurante: infatti ogni paese dell'unione è privo di una banca nazionale che possa intervenire e trasformarsi in prestatore di ultima istanza. Dubito che in caso si verifichi una Northern Rock in Italia, la Banca Centrale Europea possa prestare denaro a fondo perduto proprio come fece la Banca Centrale d'Inghilterra con la Northern Rock. Le redini del sistema finanziario globale sono sfuggite di mano: immaginabile conseguenza collaterale della globalizzazione. Il diabolico volano sperequativo che ha spudoratamente arricchito pochi soggetti (solitamente gruppi multinanzionali) a scapito della classe medio borghese, adesso sta presentando il conto: la perdita dei posti di lavoro a tempo indeterminato ha generato una nuova classe sociale che può continuare a vivere solo ricorrendo al debito. Debiti per tutto: per la casa, per l'auto, per i vestiti, per le vacanze e per la busta della spesa. Soluzioni non ne esistono. Purtroppo. Dimostrazione palese sono proprio i continui interventi delle Banche Centrali, seguiti dai relativi commenti ridicoli a non preoccuparsi. Nemmeno i burattinai (ammesso che siano tali) sanno come intervenire per curare il malato moribondo. Nel frattempo molti voi perderanno la casa, il lavoro, la dignità e la speranza di vita per se ed i propri figli, oltre ai quei quattro soldi che si trovavano giacenti e dormienti sui conti correnti. Temo che questa volta non si accetteranno e subiranno passivamente le spiacevoli conseguenze delle prossime ed imminenti tempeste finanziarie (come ad esempio il fallimento della propria banca o la perdita dei propri risparmi). La rabbia sarà tale che sprigionerà sentimenti ed impulsi di linciaggio e vendetta, stile quelli visti in Argentina otto anni fa. Qualcuno potrà sorridere a queste mie affermazioni o chiavi di lettura, proprio come sorrise e mi derise quando diciotto mesi prima parlai di un nuovo 1929 alle porte. Mai come prima, questa volta ognuno sarà veramente artefice del proprio destino.
Eugenio Benetazzo

domenica 19 ottobre 2008

Firma anche tu,contro le Province!


Aiutaci a difenderci dallo Stato Predone e Sprecone;firma anche Tu!
www.aboliamoleprovince.it 

Cari Amici,

anche io come ogni persona perbene vorrebbe vedere dimezzare i costi della politica ;noi di www.aboliamoleprovince.it  ci stiamo provando. Fino ad ora abbiamo raccolto la bellezza di circa 27 mila firme, cercando di dare la nostra prima picconata contro lo “Stato dello Spreco”,considerato che i politici non lo faranno mai.

Ventisettemila firme però sono ancora poche e per questo abbiamo  bisogno mai come adesso dell’aiuto di tutti voi,del passa parola e del volontariato nella raccolta firme.

Per questo oltre alla nostra quotidiana raccolta firme, abbiamo deciso di dedicare una giornata nazionale per la raccolta firme in tutte le città Italiane da farsi il giorno 15 novembre. Per chi come noi ,che non è abituato a scendere nelle piazze,so che è difficile,ma credo che sia giunto il momento di dimostrare alla Casta che anche la gente perbene sa reagire.

Per chi volesse quindi aiutarci in questa grande sfida,oltre che ringraziarvi,vi invito a visitare il sito www.aboliamoleprovince.it e di rispondere a questa mail claudiosaragozza@alice.it .

So, che tra di voi ci sono mainstream,blogger,studenti , imprenditori,operai,casalinghe...la società civile tutta. Quella vera. Per questo ognuno di voi potrebbe rendersi utile alla causa in tutte le maniere, sia a cominciare fisicamente dalla raccolta firme che facendo informazione.

Tutti siete utili e i benvenuti.

Grazie per la pazienza e l’attenzione. Vi aspettiamo.

 

Claudio Saragozza

www.aboliamoleprovince.it  

claudiosaragozza@alice.it

 

 

 

In ottemperanza alle leggi sulla Privacy. Se non vuoi ricevere più questa newsletter rispondi semplicemente inserendo nel “subject” la parola: cancellami

 

 

 

 

 

sabato 18 ottobre 2008

Silvio, di qualcosa di Liberale


Joe the Plumber, ha vuotato il sacco. Ebbene si, Joe non era il Joe diventato simbolo ed icona dei due potenziali futuri Presidenti d’America ; Joe the plumber,alias Bepi l idràlico Venziano doc, ieri sera al telefono me lo ha confidato . Dice,sono un ex socialista scappato in America perché all’epoca in Forza Italia si entrava solo se si pensava Liberale mentre in America si faceva carriera solo se si parlava Liberal,un po’  come adesso  nel PDL che si entra e si fa carriera solo se ti presenta un socialista e hai la tessera democristiana.

Ineccepibile.

Bepi in questo momento è un uomo distrutto e lo capisco. Alla mia domanda,cosa farai adesso,la risposta è stata lapidaria. Sono un ex socialista e merito (da non confondere con Meritocrazia),rispetto e carriera.

 

In via confidenziale. Due le ipotesi sul futuro di Bepi l’idràlico:

a)      partecipare alle prossime elezioni amministrative di Venezia dentro le fila del PDL ormai diventato il nuovo Hotel Raphael.

b)      o andare in soccorso rosso da Cacciari realizzando gratis tutti gli impianti idraulici delle villette destinate ai suoi concittadini Sinti in cambio di un assessorato.

Insomma non è cambiato nulla e nemmeno l’America è riuscita a cambiare un socialista.

 

Fatto sta che di tutta questa storia,il mio amico romano Mariano,di professione rosticciere,è particolarmente in..cavolato,visto poi che oltretutto conserva dei socialisti il triste ricordo dei polli rubati.

Questa la sua domanda:

 

perché lo Stato anziché abbassarmi le tasse come promesso incentivando la piccola e media impresa,o anziché detassare gli stipendi dei miei dipendenti e privatizzando l’impossibile,mi chiede invece i soldi per aiutare le banche fallite ? Le stesse banche che poi si rifiuteranno di aiutare la mia impresa e che poi faranno fallire,a differenza dell’Alitalia dei Colannino,della Fiat degli Agnelli e la PA sempre più al riparo dalla recessione?

 

Sembrava un sogno ed in effetti stavo sognando .Tutto il resto è vero ,non ci sono più i liberali di una volta,non c’è una cultura liberale e peggio ancora di tutto questo gli italiani ancora non se ne sono accorti  con chi debbono  fare i conti.

martedì 14 ottobre 2008

Petizione contro Violante


Non mi fido di Violante
In vista delle prossime nomine dei giudici della Corte Costituzionale da parte del Parlamento e del Presidente della Repubblica siamo fermamente contrari alla designazione dell’on. Luciano Violante. Non riteniamo accettabile che sia nominato membro della Consulta uno dei personaggi più ambigui della recente storia d’Italia, le cui implicazioni nell’utilizzo della giustizia a fini politici, in assenza delle forme più elementari di garantismo costituzionale, devono ancora essere chiarite a fondo. Le sue recenti aperture di dialogo nei confronti dell’attuale maggioranza, in merito in particolare alla riforma della giustizia, appaiono, infatti, meramente strumentali e non possono in alcun modo far dimenticare un’intera carriera costruita sulla parzialità, sul giustizialismo e sulla commistione tra politica e magistratura. Nell’equilibrio tra poteri necessario alla nostra democrazia, non reputiamo tollerabile che un esponente politico così smaccatamente di parte, e quindi privo della imprescindibile imparzialità di giudizio, sia chiamato a giudicare la costituzionalità delle leggi approvate dal Parlamento eletto dal Popolo Sovrano. Facciamo, quindi, appello al Parlamento ed al Presidente della Repubblica affinché nominino al suo posto quali giudici costituzionali insigni giuristi che diano garanzia di adempiere imparzialmente il proprio mandato, nel rispetto esclusivo della Costituzione e scevri da pregiudizi e condizionamenti ideologici.
http://www.petitiononline.com/violante/petition.html, cliccare sul tasto "Click Here to Sign Petition", inserire nome e e-mail (che rimarranno anonimi se lasciate l'opzione Private, oppure li posso vedere solo io se cliccate su "Available to Petition Author", oppure saranno visibili a tutti se inserite ovviamente "Public"), confermate ed è fatta.
 
Aderisce alla petizione
Comitato Controcorrente
 
Alessandro del Noce
 
Osservatorio del Diritto

domenica 12 ottobre 2008

Gli Italiani visti dall'islam


Dacia Valent in vacanza a Capri
da http://www.verbavalent.com/
Voi non riuscite nemmeno a immaginare quanto sia difficile per me scrivere, tentando di non ferire le vostre povere sensibilità di piccoli bianchi, totalmente ignoranti del loro passato di carnefici di neri, ebrei e musulmani.
Non conoscete nulla di quello che avete nel vostro DNA storico, vi riempite la bocca di ebrei solo per salvarvi la coscienza, raccontando di come gente tipo Perlasca – un fascista di merda che dovrebbe morire mille volte solo per essere stato fascista ed aver sostenuto fossanche per un solo minuto quel regime – ne ha salvato alcuni.
Siete un popolo senza futuro perché siete un popolo senza memoria.
Me ne fotto degli italiani brava gente. Anzi, mi correggo, me ne fotto degli italiani bianchi e cristiani, naturalmente brava gente.
Non lo siete.
Siete ignoranti, stupidi, pavidi, vigliacchi.
Siete il peggio che la razza bianca abbia mai prodotto.
Brutti come la fame, privi di capacità e di ingegno se non nel business della malavita organizzata e nella volontà delle vostre donne (studentesse, casalinghe, madri di famiglie) di prostituirsi e di prostituire le proprie figlie.
Anche quando dimostrate un barlume di intelligenza, questa si perde nei rivoli del guadagno facile e del tirare a fregare chi sta peggio di voi.
Nessuna delle vostre battaglie ha un senso per altri se prima non produce un tornaconto per voi stessi.
Dalla politica alla religione, dal sociale alla cultura, siete delle nullità.
Capaci di raccogliere firme e manifestare, salvo poi smentire con ogni vostro atto quotidiano quello che a grande voce dichiarate pubblicamente. Andate a marciare da soli, che marci siete e marci rimarrete e non vi voglio profumare.
Non avete una classe media, siete una penosa e noiosa classe mediocre, incivile e selvaggia. I giornali più venduti sono quelli che trattano di gossip e i programmi televisivi più gettonati - al fine di vendere le proprie figlie come bestiame, come le vacche che sono destinate inevitabilmente a diventare, vista la vostra genia – sono i reality.
Avete acclamato qualsiasi dittatore e sottoscritto qualsiasi strage, salvo poi dimenticarvene ed assurgere come vittime di un élite. Non avete un’élite, coglioni, fatevene una ragione: i vostri deputati e senatori sono delle merde tali e quali a voi, i vostri capitani d'azienda sono dei progetti andati a male dei centri di collocamento, ma che o avevano buoni rapporti famigliari o il culo l'hanno dato meglio di voi.
Non solo quelli al governo (o che fanno capo all'area governativa), anche e soprattutto quelli che fanno capo all’opposizione.
Da quelli oggi al governo non ci aspettiamo nulla se non quello che da anni ci danno: razzismo, esclusione, spedizioni punitive, insulti ed umiliazioni.
Sono ormai troppi anni che deleghiamo le nostre lotte a persone che in teoria dovrebbero averle fatte proprie, dimenticandoci l’infima qualità dell’italiano pseudobianco e pseudocristiano: non vale un cazzo perché non ha valori che valgano.
Un popolo di mafiosi, camorristi, ignoranti bastardi senza un futuro perché non lo meritano: che possano i loro figli morire nelle culle o non essere mai partoriti.
Questo mondo non ha bisogno di schiavi dentro come lo siete voi, feccia umana, non ha bisogno di persone che si inginocchiano a dei che sia chiamano potere e denaro e nemmeno di chi della solidarietà ha fatto business.
Ha bisogno di altro, che voi non avete e quindi siete inutili.
Dite che non è così?
Ditelo ai Rom perseguitati in tutta Italia, ditelo ad Abdoul, ditelo ai 6 di Castelvoturno, ditelo a Emmanuel, ditelo ai gay massacrati da solerti cristiani eterosessuali.
Ditelo a mio fratello, bastardi.
Ditelo alle decine di persone vere, non zecche e pulci come voi, che non denunciano perché sanno che se vanno dalla vostra polizia bastarda e assassina li umilieranno e magari li picchieranno di più e forse li uccideranno come l’Aldro [ammazzato come un cane perché pensavano fosse un extracomunitario], e se sono donne le violenteranno, e non avranno nessuno a cui rivolgersi per essere difesi.
Ditelo a quelli che rinchiudete per mesi nei vostri campi di concentramento senza alcun genere di condanna, solo per gonfiare le casse di qualche associazione che finanzierà un qualche partito, generalmente di sinistra, ditelo a quelli che lavorano per i vostri partiti e sindacati da lustri senza avere un contratto ma in nero, ditelo a quelli che si sono fidati di voi per anni, ditelo a quelli che raccolgono l’ultimo respiro di quei maiali dei vostri vecchi, e a quelli che si sfilano dalle fighe delle nostre ragazze per infilarsi in quelle larghe e flaccide delle vostre donnacce, ditelo ai nostri ragazzi che vincono medaglie e che saranno il futuro di questo paese, ditecelo, figli di puttana.
Ditelo col cappello in mano, e gli occhi bassi, cani bastardi. Ma sappiate che la risposta ve l’hanno già data a Castevolturno: Italiani bastardi, Italiani di merda. Io ci aggiungo bianchi, perché il discrimine è questo. Valete poco perché avete poco da dire e nulla da dare.
Dacia Valent

sabato 11 ottobre 2008

La scuola (in) finita.


Fedele come sempre all’equazione “se non va bene al sindacato,allora è un bene per l’Italia”,sento il dovere di mettermi dalla parte del Ministro Gelmini.

Ieri a Venezia quattro gatti,ma dico proprio quattro gatti di numero,hanno bloccato per tutta la sera lo snodo che da Venezia permette ai pendolari il rientro alla terra ferma. Operai e dipendenti penalizzati come sempre dal sindacato capace di fare del male a loro piuttosto che ai veri destinatari.

 

Si, non riesco a capire per quale motivo durante una manifestazione sindacale (politica),a pagare debbano poi essere sempre i più deboli. Che so,trovo più efficace ad esempio nel caso di uno sciopero indetto contro la Sanità,lavorare  gratis senza far pagare il tiket al “popolino” piuttosto che bloccare i servizi sanitari pubblici facendo magari morire un pensionato o un utente qualunque che non si può permettere la clinica privata. Un gesto di sinistra,no?

Potrei fare un altro esempio sui trasporti dove anziché bloccare i treni penalizzando gli utenti,si potrebbero farli correre gratis facendo lavorare (il che gli farebbe bene una volta ogni tanto),anche i sindacalizzati di professione. O no?

Ma siamo in Italia e allora è inutile parlarne..siamo e rimaniamo una succursale sovietica.

 

Tornando alla Gelmini,le cose non cambiano.

La scuola ,lo sappiamo tutti,a cominciare dal 68 ha pagato il suo 11 settembre,cioè da quando è stata trasformata da “scuola”in una “fabbrica sindacale” gestita da insegnanti politicizzati e impreparati,con il tempo sempre più simili a dei militanti di lotta continua che a rappresentanti della cultura;un po’ come lo stesso tumore che vive dentro la magistratura. Gramsci d'altronde lo aveva pontificato.

 

La scuola quindi,e qui  lo sanno anche i paladini della scuola pubblica come Santoro e Rutelli( che a ragione di ciò mandano i loro figli a studiare dalle suore), è tutta da rifare senza perderci più in chiacchiere pensando di costruire sulle macerie di una istituzione ormai distrutta dalla cultura comunista.

 

Allora ben venga il voto in condotta e tutto quello che può ristabilire un minimo di disciplina e di ordine mentale a cominciare dai zoticoni dei studenti figli degli ex sessantottini ,o da quelli che vivono incollati al grande fratello e che vedono il mondo solo da you tube.

 

Vogliamo una scuola del MERITO fatta da insegnanti seri e preparati e che devono rendere conto della loro preparazione ogni fine anno. Vogliamo una scuola sana sia dal punto di vista giuridico,etico e morale come da quello economico. Altrimenti facciamola fallire una volta per tutte e rifacciamola daccapo con regole e insegnanti e soprattutto con alunni educati;anche se però si dovrebbe iniziare ad educare molti genitori ignoranti spesso peggio dei figli.

Basta privilegi e scorciatoie.

venerdì 10 ottobre 2008

E delle banche arabe nessuno ne parla?



Ricevo da una fonte attendibile e trasmetto:
Nel mondo dell’informazione ufficiale, nel rendere conto dei vari andamenti borsistici, mancano dei dati.
Quali? Quelli che riguardano il mondo arabo e le sue meravigliose banche (che per una sciocca moda vengono visti come “isole felici”). Controllando anche oggi le pagine elettroniche di Corriere della Sera e Repubblica, ossia i due quotidiani più venduti in Italia, si parla di cadute borsistiche in USA, in Europa, nell’Estremo Oriente. Difficile trovare il resto del pianeta, anche se il “Corsera” odierno riporta addirittura l’America Centro-Meridionale. Ma niente informazione sul mondo arabo. Allora andiamo a vedere come sta questo mondo arabo-maomettano che, secondo alcuni, dovrebbe aiutare l’economia nostrana.
L’economista saudita Abdulwahab Abu-Dahesh parla di catastrofe che ha colpito le borse arabe. L’analista Ahmed Hefnawi afferma che ormai è panico, dato che tutti i settori sono stati colpiti dalla crisi, tanto che, in alcuni casi, ci sono state perdite per il 65%. Negli Emirati Arabi Uniti, solo in questa settimana, ci sono state perdite anche per il 25%. Il quotidiano Bahrein Tribune oggi parla di “bagno di sangue”, dato che, negli ultimi quattro giorni, i mercati arabi hanno bruciato sui 200 miliardi di dollari. L’economista kuwaitiano Hajjaj Bukhdur afferma che in molti chiedono interventi governativi per tamponare la crisi (con iniezioni di liquidità).
Controllando gli andamenti di borsa degli ultimi giorni, si può notare che la borsa di Dubai, ad inizio settimana, ha perso quasi il 7% e oltre il 35% da inizio anno. Il relativo mercato immobiliare ha perso circa l’11%. Nell’EAU, la borsa Abu Dhabi Securities Exchange ha perso il 4,7%, mentre il mercato immobiliare il 9%. La borsa kuwaitiana ha perso il 3,6%. La borsa di Doha, nel Qatar, ha perso il 7%, mentre la borsa dell’Oman il 2,8%.
Anche nei giorni successivi ci sono state perdite, in particolare nel settore bancario e in quello immobiliare. Ad esempio, nel settore immobiliare degli Emirati Arabi Uniti, la Deyaar, appartenente alla Dubai Islamic Bank, un paio di giorni fa perdeva oltre l’8%. Altrettanto la Sorouh Real Estate. La borsa dell’Arabia Saudita perdeva il 7%, mentre quella egiziana oltre il 16% (borsa che, complessivamente, in circa sei mesi ha perso la metà del suo valore). L’indice saudita Tadawul All-Shares ha perso oltre il 43% nel corso dell’anno. Dubai ha concluso in perdita ulteriormente (quasi il 10% nella giornata di ieri), finendo ai livelli più bassi da un paio di anni a questa parte (e nonostante annunci di investimenti governativi), mentre l’immobiliare Emaar ha perso il 10%. La borsa di Doha ha perso un ulteriore 8,3% (la più grossa perdita in un singolo giorno da molti anni a questa parte).
Guardando ad una realtà non araba, ma ugualmente maomettana, la borsa indonesiana è chiusa da un paio di giorni, avendo perso il 20% del suo valore solo nell’arco di una settimana.
Un caro saluto

lunedì 6 ottobre 2008

Censura ; i media si sono allineati

Da www.informazionecorretta.it

E' lunga , ma vale la pena leggerla...


Paese curioso il nostro. Esce in Israele su Yediot Aharonot - il quotidiano più diffuso - un grosso articolo di Menachem Gantz (corrispondente dall'Italia) con una intervista a Francesco Cossiga sulle relazioni fra i nostri governi ed il terrorismo palestinese e nessun corrispondente ci fa caso, non una riga sui nostri giornali. Eppure il pezzo di Gantz è uscito venerdì. tre giorni fa, di tempo per accorgersene ce n'era. Macchè, niente di niente. Che c'entri la dichiarazione sul comportamente del nostro contingente in Libano ? Molto preoccupante. Lo pubblichiamo noi, augurandoci che qualche giornale ci ripensi.
Yediot Aharonot 3.10.08 p.B10








Il Presidente del Consiglio avrebbe firmato l'accordo segreto, i servizi segreti avrebbero obbedito tacitamente, e gli ebrei sono stati uccisi in attentati terroristici. La vergognosa storia dell'Italia


Vi abbiamo venduti


Lo chiamavano "L'Accordo Moro", e la formula era semplice: l'Italia non si intromette negli affari dei palestinesi, che in cambio non toccano obiettivi italiani. Tuttavia, ora si scopre che gli ebrei erano esclusi dall'equazione. In un'intervista speciale, l'ex Presidente Francesco Cossiga rivela come le Autorità di Roma avrebbero collaborato con le organizzazioni terroristiche negli Anni Ottanta, ed ammonisce: "Oggi c'è un accordo analogo con Hizbullah in Libano"


di Menachem Gantz






In casa di Francesco Cossiga, nel cuore del quartiere Prati di Roma, sventolano – l'una accanto all'altra – tre bandiere eleganti: quella dell'Italia, quella della Regione Sardegna e quella di Israele. Non sempre l'ex Presidente della Repubblica italiana – uno dei politici più noti e di buona fama del Bel Paese – era un tale amante di Sion. Una volta, negli Anni Cinquanta, fu lui ad inaugurare l'Associazione d'amicizia Italia- Palestina. Poi, quando era Presidente del Senato, ha persino dato, nel suo Gabinetto, asilo ad Arafat quando era stato emesso un mandato di cattura nei suoi confronti.



Ma oggi, a ottant'anni, Cossiga ama Israele. Questo è forse il motivo per il quale accetta quasi immediatamente, senza condizioni, di concedere un'intervista ad un giornale israeliano. Questo è forse anche il motivo per cui è disposto ad aprire, con raro candore, un vaso di Pandora tra i più stupefacenti e orripilanti dell'Italia, [che egli ha conosciuto] nei lunghi anni di servizio pubblico. Sarà forse l'imbarazzo, la volontà di riparare al male causato dall'accordo in cui l'Italia avrebbe di fatto permesso di sottrarre la vita di qualsiasi ebreo in quanto tale – sarà forse questo che lo porta ad aprire la storia per intero.



Tutto è cominciato lo scorso agosto, quando la maggior parte degli italiani inondava le spiagge per le vacanze estive. In un'intervista al Corriere della Sera, Bassam Abu Sharif, considerato il ministro degli esteri del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina negli Anni Settanta e Ottanta, ha svelato che in quegli anni i Governi di Roma permettevano ad organizzazioni terroristiche palestinesi di agire liberamente in territorio italiano, in cambio [di un impegno] a non colpire obiettivi nazionali in Italia e nel mondo. L'accordo, secondo Abu Sharif, era stato denominato "L'Accordo Moro", riprendendo il nome di Aldo Moro, ex Presidente del Consiglio assassinato nel 1978, che ne era il responsabile.



Cossiga si è affrettato [in agosto] a confermare le asserzioni di Abu Sharif. "Ho sempre saputo – benché non sulla base di documenti o informazioni ufficiali, sempre tenuti celati nei miei confronti – dell'esistenza di un accordo sulla base della formula "tu non mi colpisci, io non ti colpisco" tra lo Stato italiano ed organizzazione come l'OLP ed il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina", ha ammesso in un articolo pubblicato dal Corriere.



Ma quella pubblicazione aveva lasciato dei buchi, degli interrogativi troppo grandi. Se l'Italia aveva ottenuto l'immunità dal terrorismo palestinese, come mai ebbero luogo nel Paese attentati sanguinosi contro obiettivi ebraici? Se c'era un accordo, come mai vi erano stati uccisi ebrei innocenti?



Ora Cossiga rivela tutta la verità. “In cambio di una “mano libera” in Italia”, ammette in un'intervista speciale, “i palestinesi hanno assicurato la sicurezza del nostro Stato e [l’immunità] di obiettivi italiani al di fuori del Paese da attentati terroristici – fin tanto che tali obiettivi non collaborassero con il sionismo e con lo Stato d’Israele”. In altre parole: gli italiani non si toccano, ma se sono ebrei – questo è già un altro paio di maniche.



"Per evitare problemi, l'Italia assumeva una linea di condotta [che le permetteva] di non essere disturbata o infastidita", spiega Cossiga, "Poiché gli arabi erano in grado di disturbare l'Italia più degli americani, l'Italia si arrese ai primi. Posso dire con certezza che anche oggi esiste una simile politica. L'Italia ha un accordo con Hizbullah per cui le forze UNIFIL chiudono un occhio sul processo di riarmamento, purché non siano compiuti attentati contro gli uomini del suo contingente".



Cossiga ammette di essere rimasto sorpreso per l'indifferenza con cui venne accolta in Italia la sua rivelazione. "Ero convinto che la notizia pubblicata in agosto avrebbe risvegliato i media, che magistrati avrebbero cominciato ad indagare, che sarebbero cominciate interrogazioni ai coinvolti. Invece c'è stato il silenzio assoluto. A quanto pare, nessuno se ne interessa qui. Lei è l'unico ad avermi interpellato in materia".



Tuttavia, scavare nella profondità di questo dossier potrebbe rivelare agli italiani molto sul loro regime e sulla sua condotta. E pare non ci possa essere persona più qualificata, esperta ed informata dei dettagli di questo ambiente che Cossiga. Ha ricoperto innumerevoli cariche: Direttore Generale del Ministero della Difesa, Ministro dell'Interno, Presidente del Consiglio, Presidente della Repubblica. Le riforme che portò a termine nei servizi segreti italiani gli hanno guadagnato il soprannome "Spy Master". Oggi non ha più un ruolo ufficiale, a parte quello di Senatore a Vita, ma le telefonate di Ministri ed alti ufficiali della Polizia, che interrompono continuamente l'intervista, dimostrano che la sua posizione è inalienabile. Cossiga continua a muovere i fili.



I rapporti complessi con il meccanismo del terrorismo palestinese, li ha conosciuti per la prima volta alla sua nomina a Ministro dell'Interno nel 1976. "Già allora mi fecero sapere che gli uomini dell'OLP tenevano armi nei propri appartamenti ed erano protetti da immunità diplomatica", rammenta, "Mi dissero di non preoccuparmi, ma io riuscii a convincerli a rinunciare all'artiglieria pesante ed accontentarsi di armi leggere".



Più tardi, quando era Presidente del Consiglio nel 1979-1980, gli divenne sempre più evidente il fatto che esistesse un accordo chiaro tra le parti. "Durante il mio mandato, una pattuglia della polizia aveva fermato un camion nei pressi di Orte per un consueto controllo", racconta, "I poliziotti rimasero sbigottiti nel trovare un missile terra-aria, che aveva raggiunto il territorio italiano per mare". Nel giro di alcuni giorni, racconta Cossiga, una sua fonte personale all'interno del SISMI – lui lo chiama "gola profonda" – passò al segretario del governo informazioni in base alle quali il missile andava restituito ai palestinesi. "In un telegramma arrivato da Beirut era scritto che secondo l'accordo, il missile non era destinato ad un attentato in Italia, e a me fu chiesto di restituirlo e liberare gli arrestati".



Cossiga stesso, va sottolineato, non era stato mai ufficialmente informato dell'esistenza di questo telegramma. Se non fosse stato per la sua fonte nel SISMI, non sarebbe stato consapevole di tutta questa storia. "Alle dieci di notte telefonai al capo del SISMI e lo rimproverai, "Mi stai nascondendo delle informazioni. Perché non mi hai informato del telegramma indirizzato a me?". Ma egli, a quanto pare, era partecipe dell'accordo con i palestinesi".



Il Presidente del Consiglio cominciò a sospettare che dietro all'evento di poca importanza si celasse qualcosa di più grande. "Col tempo cominciai a chiedermi che cosa potesse essere questo accordo di cui si parlava nel telegramma", racconta. "Tutti i miei tentativi di indagare presso i Servizi e presso diplomatici si sono sempre imbattuti in un silenzio tuonante. Fatto sta che Aldo Moro era un mito nell'ambito dei Servizi Segreti. Sin dalla fondazione della Repubblica fino ai miei tempi al Quirinale ho conosciuto tre politici che sapevano utilizzare i Servizi Segreti: il fondatore, io, e Aldo Moro. La gente gli giurava fedeltà, e continuava anche dopo finito l'incarico".



Ma le vere prove dell'esistenza de "L'Accordo Moro", e soprattutto i suoi raccapriccianti dettagli, si potevano trovare solo nella realtà. Ventisei anni sono passati dall'attentato al ghetto ebraico di Roma, ma la ferita è ancora aperta. Era il 9 ottobre 1982. La prima Guerra del Libano era in corso, e la comunità ebraica era esposta ad un'ondata di odio senza precedenti. "Sentivamo l'atmosfera", racconta uno dei vertici della comunità di quei giorni, "sentivamo che qualcosa di terribile si stava avvicinando".



Quel giorno, poco prima di mezzogiorno, un commando di sei terroristi si scagliò contro la sinagoga, sparando e lanciando bombe a mano sui fedeli che avevano appena finito la preghiera. Decine di persone furono ferite. Stefano Tache', un bambino di due anni, rimase ucciso per mano dei terroristi.



Dichiarazioni ufficiali di condanna da parte dei politici al vertice furono subito rilasciate, ma gli ebrei di Roma non ne rimasero convinti. La sensazione di abbandono era grave: quel mattino, all'improvviso, sparirono senza spiegazione le due volanti della polizia che durante le feste ebraiche fornivano protezione all'ingresso della sinagoga. Anche dopo l'attentato è continuato l'atteggiamento strano. A tutt'oggi non sono stati pubblicati i nomi dei terroristi. Con il passare degli anni, prende sempre più piede l'ipotesi che anche attivisti dalla Germania ed elementi delle Brigate Rosse avessero sposato la causa di assassinare ebrei, ma a Roma non c'è stato a tutt'oggi un governo che abbia ritenuto necessario portare i colpevoli in corte.



"Io non avevo un ruolo ufficiale in quell'epoca", chiarisce Cossiga, che allora aveva terminato l'incarico di Presidente del Consiglio e ancora non era stato nominato Presidente del Senato. "Ricordo di essere arrivato per primo sul luogo dell'attentato. Ho visto la pozza di sangue del bambino di due anni".



Solo uno degli attentatori fu catturato, e nemmeno dagli italiani. Avvenne un mese dopo l'attentato, quando Abd El Osama A-Zumaher fu arrestato in Grecia con esplosivi nella sua macchina. I greci lo liberarono dopo sei anni, ed egli scappò in Libia. Le Autorità italiane non ne chiesero l'estradizione. "Oggi", ammette Cossiga, "non si può più scoprire tutta la verità su quanto accaduto lì. L'Italia non chiederà mai la sua estradizione, ed i libici non lo consegneranno".



Cossiga sa perfettamente il significato delle cose che sta rivelando qui, ne conosce la gravità. Né cerca di giustificare coloro che presero le decisioni. Tuttavia, anche oggi torna a spiegare la logica di questo pensiero: l'Italia non si immischia in quanto non la concerne. A prova di ciò, presenta l'altra parte. "L'azione del Mossad contro gli assassini degli atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco nel 1972 è passata anche per Roma", dice. Come noto, Adel Wahid Zuaitar, il simbolo della furbizia dell'organizzazione del Settembre Nero, fu ucciso a Roma. "Crede che l'Italia non potesse, a suo tempo, arrestare i due agenti che lo fecero fuori? Un giorno, mentre rientrava in casa, due giovani lo picchiarono all'ingresso e lo fecero fuori con due pistole munite di silenziatore. Crede che gli italiani non sapessero chi fossero? È ovvio che lo sapevano, ma in questioni del genere è meglio non mettere le mani, ed è questa la linea che guidava il comportamento dell'Italia".



Lei paragona l'eliminazione di un terrorista all'assassinio di un bambino di due anniall'uscita della sinagoga?
"No, assolutamente no. Se avessi saputo che le volanti della polizia erano state istruite ad andarsene quella mattina, nell'ambito di quell'accordo di cui mi hanno sempre negato l'esistenza, forse tutto sarebbe andato diversamente". La colpa, tuttavia, la attribuisce solo ed esclusivamente ad Aldo Moro.



Tuttavia, basta un ulteriore singolo sguardo sull'Italia degli ultimi trent'anni per scoprire che l'influenza dell'Accordo Moro non è finita lì. Nel dicembre 1985, quando Cossiga era già Presidente della Repubblica, avvenne l'attentato sanguinoso al banco della El Al all'aeroporto di Fiumicino. Fu un attacco combinato, a Roma e a Vienna, a firma delle unità di Abu Nidal, in cui morirono 17 persone, di cui 10 in Italia. Le Autorità di Roma, superfluo anche dirlo, non si sono considerate parte in causa.



Come si concilia l'attentato all'aeroporto con l'accordo di non colpire obiettivi italiani? "Non furono colpiti obiettivi italiani", spiega Cossiga, "fu la compagnia aerea israeliana ad essere attaccata nell'aeroporto".
Ma il territorio era italiano.


"I morti furono tutti israeliani, ebrei ed americani, non italiani. Gli scambi di fuoco non hanno incluso i nostri uomini, solo i palestinesi e gli addetti alla sicurezza di El Al e dello Shabak [servizi di sicurezza interna israeliani – Ndt].



Cossiga sa perfettamente il significato di ciò. Dal punto di vista dell'Italia, in fondo, l'attentato non era affatto una cosa che la riguardava. Fin tanto che non sono stati uccisi italiani non ebrei, tutto bene. "Non ho mai visto le carte, ma credo di sì. Così funzionavano le cose", ammette. Il capo del SISMI a quei tempi, Fulvio Martini, ammette in un libro che ha scritto che era stato ricevuto un vero e proprio avvertimento dell'attentato. "Qualcosa non ha funzionato con le forze della sicurezza italiane, che sapevano a priori dell'attacco", spiega.



Cossiga tiene a che si sappia che egli non era stato coinvolto personalmente nell'accordo. "Quando ero Presidente del Consiglio e Presidente della Repubblica non ne sapevo niente", insiste fermamente, "me lo tenevano nascosto. Io soltanto speculavo che un tale accordo esistesse, per via di quel telegramma da Beirut, ma tutti stavano zitti. Bassem Abu Sharif ha detto che l'Accordo Moro fu firmato a Roma e a Beirut e che gli italiani erano rappresentati dal capo dei servizi segreti dell'Italia che era in servizio in Libano, ma io non ne sapevo niente".



Tuttavia, Cossiga mostra un certo bisogno, forse incontrollabile, di difendere quell'Italia che avrebbe firmato l'accordo. Quella politica, egli spiega, era comune anche in altri Paesi. "La Germania ha liberato il commando dei terroristi che uccisero gli atleti a Monaco di Baviera, e anche la Francia si è comportata analogamente. Questa era la politica europea. Tranne gli inglesi, ovviamente. I palestinesi sapevano quel che facevano. Non ho mai incontrato un capo di un'organizzazione terroristica che fosse stupido. Arafat non era stupido.



Cossiga, per inciso, non è solo. Dopo la rivelazione del Corriere della Sera, il famoso magistrato Rosario Priore – responsabile in quegli anni dell'indagine di misteri come il rapimento e l'uccisione di Aldo Moro e l'attentato contro Papa Giovanni Paolo II – ne ha ammesso i dettagli. "L'Accordo Moro è esistito per anni", ha dichiarato, "l'OLP aveva in territorio italiano uomini, basi ed armi. Anche fazioni autonome come quelle di Abu Abbas, il Consiglio della Rivoluzione e il Fronte di George Habash. Era stata una decisione politica fredda, che aveva come scopo l'immunità della nostra gente e dei nostri interessi in territorio italiano, in cambio [dell'accettazione] dell'immagazzinamento e del trasporto di esplosivi e di commandi terroristici che dovevano operare altrove".



Ebbene sì, anche l'uomo che oggi è membro della Corte di Cassazione di Roma, non ha incluso gli ebrei della città nella definizione "immunità della nostra gente".



L'elenco non termina qui. L'Accordo Moro, si scopre, ha avuto un'influenza decisiva sulla vita – e sulla morte – di molti.



Anche le circostanze del sequestro della nave italiana Achille Lauro rivelano un legame tra l'Amministrazione di Roma e le organizzazioni terroristiche, e anche questa volta – che sorpresa! – gli obiettivi erano ebraici.



Il 7 ottobre 1985, mentre la nave era in viaggio da Alessandria d'Egitto a Port Said, l'hanno sequestrata quattro terroristi armati del Fronte per la Liberazione della Palestina di Ahmad Jibril. I sequestratori, entrati in azione prima del previsto poiché erano stati smascherati da un membro dell'equipaggio, hanno minacciato di uccidere ostaggi se non fossero stati liberati 50 prigionieri palestinesi che erano incarcerati in Israele. Si sono diretti verso la Siria, ma questa non ne ha permesso l'ingresso nelle sue acque territoriali.



La vittima di quel sequestro fu Leon Klinghoffer, un passeggero ebreo americano, paralitico in sedia a rotelle. I sequestratori non ebbero pietà di lui: gli spararono e poi lo gettarono in mare ancora vivo, con la sedia a rotelle. La nave ritornò in Egitto, e dopo due giorni di trattative i sequestratori acconsentirono a lasciarla. Furono trasferiti verso la Tunisia su un aereo civile egiziano, che fu però intercettato da caccia americani e costretto ad atterrare nella base NATO in Sicilia.



Questo evento è indelebilmente impresso nella memoria collettiva italiana. Forze italiane dei carabinieri da una parte, incursori delta americani dall'altra, in mezzo l'aereo con i sequestratori a bordo, e tutti che si minacciano a vicenda con le armi cariche, mentre si attende che i politici trovino una formula per uscire dalla crisi. L'evento è rimasto impresso nella coscienza italiana come un simbolo dell'indipendenza dell'Italia e dell'immobilità dell'allora Presidente del Consiglio, Bettino Craxi, di fronte agli americani.



Solo che ora Cossiga rivela che il motivo della fermezza di Craxi era ben altro. Spiega che Craxi ha scelto di riservare ad Arafat un atteggiamento ruffiano. "C'era stato un accordo chiaro tra l'Italia e Arafat, secondo cui la nave sarebbe stata liberata dal commando terroristico in cambio della libertà di Abu Abbas, e così fu", svela.



I sequestratori furono arrestati dalle forze della polizia italiana ed all'aereo fu permesso di continuare il viaggio malgrado la richiesta americana di fermarlo – poiché tra i passeggeri liberi c'era anche l'uomo che era alla guida dei sequestratori, Abu Abbas. I quattro sequestratori furono processati in Italia e trovati colpevoli. Abu Abbas, invece, fu liberato.



La spiegazione ufficiale di Craxi e del governo italiano fu che le asserzioni degli americani sul coinvolgimento diretto di Abu Abbas nel sequestro erano arrivate troppo tardi, solo dopo il suo decollo dall'Italia in direzione della Jugoslavia. Cossiga, comunque, chiarisce che non fu proprio così. "Non è assolutamente andata così", dice, "tutto era parte dell'accordo con Arafat. Fu lui a convincere Abu Abbas, malgrado non facesse parte dell'OLP, di liberare la nave al Cairo, in cambio della sua libertà e di una promessa di incolumità. La posizione italiana, secondo cui questo lo si venne a sapere solo dopo la sua liberazione, è una frottola. Lo abbiamo liberato dopo".



C'è chi asserisce che egli sia rimasto a Roma alcune ore ed abbia persino incontrato alcune personalità.


"Io non ne so niente. Ero Presidente della Repubblica e a me dissero che era rimasto tutto il tempo all'interno dell'aeroporto. Le ricordo che tutta l'area era circondata da agenti della CIA".

Questo episodio, va sottolineato, è lungi dallo sparire dalla coscienza pubblica italiana. Proprio in questi giorni, la corte a Roma sta per discutere la domanda di uno dei sequestratori, Abdel Atif Ibrahim, liberato dopo vent'anni in carcere, di rimanere in Italia. "Gli permetteranno di rimanere qui, non c'è dubbio", afferma Cossiga, "ma la decisione, in definitiva, sarà politica, ed il Ministro dell'Interno dovrà decidere".



Se Lei fosse oggi Ministro dell'Interno e dipendesse da Lei, gli permetterebbe di restare?


"Io lo metterei su un velivolo militare diretto in Libano, atterrerei lì con la scusa di portare un diplomatico, spegnerei i motori, aprirei la porta, lo butterei sulla pista e decollerei di ritorno".



Nonostante oggi Cossiga tenga molto a presentarsi come un fermo oppositore del terrorismo palestinese, c'è ancora chi non dimentica la sua posizione favorevole ad Arafat quando contro questi era stato emesso un mandato di cattura in Italia. Anche da questa faccenda, le Autorità e i meccanismi della legalità in Italia non escono – come dire – brillantemente. "Arafat", spiega Cossiga, "era arrivato in Italia per il funerale del leader della sinistra italiana, Segretario Generale del Partito Comunista, Enrico Berlinguer, che era mio cugino. Fino ad oggi c'è molta gente che non crede affatto che fossimo imparentati. All'arrivo di Arafat qui, lo attendeva un mandato di cattura del tutto folle emesso da un giudice italiano.



"A me chiesero di riceverlo a Palazzo Giustiniani, in qualità di Presidente del Senato, e permettergli di riposarsi. Stiamo parlando, Le ricordo, del 1984. Arafat partecipò al funerale e a tutta la cerimonia, alla quale era presente anche il Vice Segretario Generale del Partito Comunista di Mosca. Venne da me accompagnato dai Servizi Segreti italiani e dalle sue guardie del corpo. Contemporaneamente, una forza di polizia era partita alla sua ricerca per ordine di un giudice. Lei crede [veramente] che non sapessero dove si trovasse?"



Comunque sia, oggi Francesco Cossiga si identifica orgogliosamente come amico prossimo dello Stato di Israele ed entusiasta sostenitore degli Stati Uniti. Questo, forse, è il motivo per cui si permette ora di dire cose del tutto in ortodosse riguardo alla condotta degli scaglioni che contano.



E se a qualcuno potesse sembrare che quei giorni bui siano spariti, il quadro che dipinge Cossiga è allarmante: l'Italia, egli crede, attua oggi un accordo analogo con Hizbullah. Le forze di UNIFIL sarebbero invitate a circolare liberamente nel sud del Libano, senza temere per la propria incolumità, in cambio di un occhio chiuso e della possibilità di riarmarsi data a Hizbullah. "L'Accordo Moro non mi fu mai esposto in maniera chiara, ne ho solo ipotizzato l'esistenza. Nel caso di Hizbullah posso affermare con certezza che esiste un accordo tra le parti", dice Cossiga con certezza, "Se verranno ad interrogarmi, deporrò davanti ai giudici che trattasi di segreti dello Stato, e io non sono tenuto a rivelare le mie fonti".



Cossiga ha dichiarato che intende sottoporre un'interrogazione al Governo riguardo all'esistenza di un tale accordo segreto, atto a proteggere il contingente italiano in Libano. Come noto, durante gli Anni Ottanta, le forze americane e francesi in Libano hanno subito gravi perdite, mentre nessun attentato è stato compiuto contro la forza italiana.



Il giudice Priore – di nuovo lui – ha osato addirittura portare le ipotesi di Cossiga un passo in avanti. "È possibile", ha dichiarato ad un'agenzia stampa italiana, "che esista oggi persino un accordo tra l'Italia e Al Qaida od un'altra organizzazione fondamentalista".



La maggior parte degli italiani sono rimasti, come ho detto prima, sorprendentemente indifferenti di fronte alla rivelazione. Ma prevedibilmente, la comunità ebraica ne è rimasta scossa. Reagendo alle nuove rivelazioni esposte su queste pagine, il Presidente della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, fa appello al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi di aprire un'indagine approfondita.



"È ovvio che non possiamo andare indietro nel tempo, e non si può cancellare questa vergognosa storia dell'Italia", ha detto a Yediot Aharonot, "ma bisogna esporre gli irresponsabili che hanno offerto gli ebrei d'Italia in sacrificio, trattandoli come stranieri, come immigrati di passaggio. Più di ogni altra cosa, esigiamo risolutamente la piena sicurezza per gli ebrei d'Italia e per le loro istituzioni".



È molto dubbio se Berlusconi darà ascolto ed inizierà l'intensa indagine che esige la comunità ebraica. È vero che il Presidente del Consiglio italiano ha modificato l'atteggiamento del suo Paese nei confronti di Israele, ma si possono ancora riconoscere incrinature nella comprensione che gli ebrei d'Italia sono parte radicale della vita italiana. Più di una volta, rivolgendosi agli ebrei, egli ha detto "il vostro governo" – intendendo il Governo dello Stato d'Israele, e non quello italiano. La buona volontà forse c'è, ma la strada è ancora lunga per assicurare che la storia non si ripeta.